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Il ritratto di un idiota


Qual è l’immagine popolare dell’artista? Mettete insieme un migliaio di descrizioni e il risultato composito che ne verrà fuori sarà il ritratto di un idiota: egli è ritenuto infantile, irresponsabile nonché ignaro e ottuso nelle faccende quotidiane. Un ritratto che non comporta necessariamente una censura o una forma di crudeltà. Queste mancanze vengono attribuite all’intensità della preoccupazione dell’artista con la sua peculiare fantasia nonché alla natura oltremondana propria all’immaginario. La tolleranza benigna accordata al professore distratto è estesa all’artista. I biografi contrappongono la grettezza dei suoi giudizi alle realizzazioni sublimi della sua arte, e mentre si parla della sua ingenuità o della sua malizia, queste sono considerate come segni di Semplicità e di Ispirazione, che sono le Ancelle dell’Arte.

Mark Rothko, L’artista e la sua realtà, Ginevra-Milano, Skira 2007

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©Roger Ballen, Factory Worker Holding Portrait of Grandfather, 1996

Il fine dell’arte.


Per risuscitare la nostra percezione della vita, per rendere sensibili le cose, per fare della pietra una pietra, esiste ciò che noi chiamiamo arte. Il fine dell’arte è di darci una sensazione della cosa, una sensazione che deve essere visione e non solo riconoscimento. Per ottenere questo risultato l’arte si serve di due procedimenti: lo straniamento delle cose e la complicazione della forma, con la quale tende a rendere più difficile la percezione e a prolungarne la durata. Nell’arte il processo di percezione è infatti fine a se stesso e deve essere protratto. L’arte è il mezzo per esperire il divenire di una cosa; per essa ciò che è stato non ha alcuna importanza.

V. Sklovskij in Una teoria della prosa, trad. di C. Ginzburg in Occhiacci di legno, Milano, Feltrinelli 2011

 

 

 

 

 

 

 

 

A. Elgar Companion (3), 2011