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Archivi Categorie: Arte Moderna

Ci sono persone


Ci sono persone cui le pitture e le sculture provocano uno stato di eccitazione sessuale; c’è chi le mutila e chi le bacia, chi piange in loro presenza e chi si mette in viaggio per vederle, chi ne viene lenito, chi ne è commosso e chi se ne sente incitato alla rivolta; c’è chi, per mezzo delle immagini, esprime un ringraziamento, chi si aspetta di esserne elevato, e chi ne viene innalzato ai massimi livelli di empatia e di timore. La gente ha sempre reagito in questo modo e le cose, oggi, non sono mutate. Ciò accade sia nelle società che chiamiamo primitive, sia nelle società moderne, a est e a ovest, in Africa, in America, in Asia e in Europa.

David Freedberg, Il potere delle immagini, Torino, Einaudi 1993

 

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©John Baldessari, The Giacometti Variations, 2010, Courtesy Fondazione Prada

Il decadimento della critica


Pazzi lamentano il decadimento della critica poiché il suo giorno è passato da un pezzo. La critica è una questione di corretta distanza. Era di casa in un mondo in cui prospettive e prospetti contavano e dove era ancora possibile assumere una posizione. Ora le cose premono troppo da vicino sulla società umana.

Walter Benjamin, Strada a senso unico, in Scritti 1926-1927, Einaudi, Torino 1983.

 

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©Carlo Zanni, ViBo, 2014

La propria epoca


La gente si arreda la casa in stile antico, si circonda di mobili che appartengono a un’epoca ormai sepolta da secoli che non le è per nulla congeniale, e questo basta a farla vivere nella menzogna, pensavo. In realtà la gente è talmente debole rispetto alla propria epoca che si sente costretta a circondarsi di mobili di un’epoca da tempo passata, da tempo scomparsa, da tempo morta e sepolta, e si può dire che lo fa per tenersi a galla, pensavo, ed è quindi sempre segno di uno stato di orrenda debolezza quando la gente si arreda la casa con mobili di epoche passate e non con i mobili della propria epoca, della quale non riesce a sopportare la durezza e la brutalità, pensavo.

Thomas Bernhard, A colpi d’ascia, Milano, Adelphi 1990

 

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The Cool Couple, Untitled 001, dalla serie “Cool people love poodles”, 2014

L’inaugurazione della Biennale


Una delle cose che s’imparano con l’esperienza, quando si va all’inaugurazione della Biennale (per i non addetti tre giorni, se non quattro, di vernice con visite, feste, inaugurazioni in cui s’incontra chiunque abbia un minimo a che fare con il mondo dell’arte, o almeno vorrebbe farlo credere), è che bisogna nel più breve tempo possibile dotarsi di due o tre frasi giuste e possibilmente d’effetto per commentare il tutto. Verso le undici, massimo le dodici, del primo giorno (cioè quando non si è ancora visto quasi nulla) bisogna avere già pronta una opinione prêt-à-porter da rilasciare con nonchalance ogni volta che si incontra qualcuno, cioè continuamente. Incontri che durano al massimo cinque minuti, perché tanto, ci si dice, poi ci rivediamo e parliamo un po’ con calma (e per rivedersi ci si rivede, ma per le parole calme non c’è mai il tempo). Va da sé che è assolutamente irrilevante quanto queste frasi dicano della mostra. Mentre è assolutamente rilevante quello che dicono di chi le dice.

Maria Perosino, Io viaggio da sola, Torino, Einaudi 2012

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©IOCOSE, A Crowded Apocalypse – If The Kids Are United, 2013

Il bello naturale


Per nessun motivo il bello naturale deve venir considerato condizionante ai fini dell’opera d’arte, anche se nel corso della sua evoluzione sembra aver assunto particolare valore, e in alcuni casi essersi addirittura identificato con essa. Di tale presupposto si deve dedurre che, per principio, le leggi artistiche peculiari non hanno nulla a che spartire con l’estetica del bello naturale. Non si tratta, ad esempio, di analizzare in quali condizioni un paesaggio appaia bello, ma in quali la rappresentazione di quel paesaggio divenga un’opera d’arte.

Wilhelm Worringer, Astrazione e empatia, Torino, Einaudi 2008

Senza titolo

 

 

 

 

 

 

©Marco Signorini, Random Projects, 2014

Logiche e strategie


Gli artisti recenti, dopo aver consolidato i legami con le logiche e le strategie del concettuale post-duchampiano, detonatore del potenziale estetico, hanno ricollocato il baricentro dell’arte intorno al pubblico e al suo ruolo decisionale; e hanno inoltre intrapreso, alla luce dei nuovi scenari storico-culturali, una ridefinizione generale dell’identità dell’arte. Sottesa, comunque, alla dimensione dell’estetico, oramai affermatasi nell’arte contemporanea globale, si può ancora oggi constatare una tendenza al recupero, al ripensamento, alle riletture critiche, e proprio in virtù di tale atteggiamento si riscontra negli artisti più giovani la necessità di rifarsi al medium della fotografia.

Pier Francesco Frillici, L’arte dopo la fotografia, in Generazione Critica. La fotografia in Italia dal Duemila, a cura di M. Manni e L. Panaro, Ravenna, Danilo Montanari Editore 2014

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©Rä di Martino, No More Stars (Abandoned Movie Set, Star Wars) 33°59’39 N 7°50’34 E Chot El-Gharsa, Tunisia 03 September , 2010

Non avendo mai visto un’Italia così


Ricordo ancora con precisione le prime immagini di questo fotografo di cui ebbi piena consapevolezza. Una foto a colori mostrava una casa contadina italiana, grande e bella, di fronte alla quale stava un vecchio albero altrettanto bello. Quella che avrebbe potuto essere una tipica immagine da cartolina diventava un’indimenticabile, quanto estranea, immagine dell’Italia, poiché entrambi, albero e casa, sprofondavano nella neve. Un motivo del tutto italiano si era così spostato nella più bianca lontananza. E come se tutto ciò non fosse già abbastanza strano, segni di pneumatici a forma di spirale circondavano l’albero, componendo una ghiacciata decorazione. Non avendo mai visto un’Italia così, tranne forse in alcune sequenze, splendide e assurde, del film Amarcord di Fellini, in cui un pavone rendeva pittorescamente estraneo lo sfondo di una Rimini coperta di neve.

Jan Thorn-Prikker, Mondi artificiali, in Olivo Barbieri, Fotografie dal 1978, Edizioni delle Arti Grafiche Friulane, 1996

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©Tazio Secchiaroli

Chissà?


Tutta l’arte moderna è astratta nel senso che è attraversata dall’idea molto più che dall’immaginazione delle forme e delle sostanze. Tutta l’arte moderna è concettuale nel senso che, nell’opera, feticizza il concetto, lo stereotipo di un modello cerebrale dell’arte – esattamente come ciò che viene feticizzato nella merce non è il valore reale, ma lo stereotipo astratto di quel valore. Votata a questa ideologia feticistica e decorativa, l’arte non ha più una esistenza propria. In questa prospettiva, si può dire che stiamo avviandoci a una sparizione totale dell’arte in quanto attività specifica. Il che può portare, sia a un trasferimento dell’arte nella tecnica e nell’artigianato puro, ed eventualmente nell’elettronica come si può vedere ovunque, sia a un ritorno verso un ritualismo primario in cui qualsiasi cosa fungerà da gadget estetico e l’arte finirà nel kitsch universale, proprio come a suo tempo l’arte sacra è finita nel kitsch delle immaginette religiose. Chissà?

Jean Baudrillard, Il complotto dell’arte, Milano, SE 2013

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©Paolo Consorti, Rebellio patroni, 2011

Cognitivo ed emotivo


Come ho suggerito, gran parte delle difficoltà che ci hanno tormentato possono essere imputate alla dispotica dicotomia tra cognitivo ed emotivo. Da una parte mettiamo sensazione, percezione, inferenza, congettura, ogni ricerca e investigazione inerte, fatto e verità; dall’altra parte, piacere, pena, interesse, soddisfazione, disappunto, ogni risposta affettiva senza la partecipazione del cervello, apprezzamento e disgusto. Ciò impedisce precisamente di scorgere che nell’esperienza estetica le emozioni funzionano cognitivamente. L’opera d’arte è percepita attraverso i sentimenti così come attraverso i sensi.

Nelson Goodman, I linguaggi dell’arte, Milano, Il Saggiatore 1976

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©Franco Vaccari, Cani lenti, 1971

L’ovvio


E’ oramai ovvio che niente più di ciò che concerne l’arte è ovvio né nell’arte stessa né nel suo rapporto col tutto; ovvio non è più nemmeno il suo diritto all’esistenza. La perdita di compiti da sbrigare senza starci a riflettere o senza crearsi problemi non è compensata dall’infinità di cose divenute possibili e accessibili, di fronte alla quale la riflessione si vede posta. In molte dimensioni l’ampliamento si dimostra contrazione.

Theodor W. Adorno, Arte moderna e avanguardia, in Alle origini dell’opera d’arte contemporanea,  a cura di G. Di Giacomo e C. Zambianchi, Bari, Laterza 2008

Senza titolo

 

 

 

 

 

©Nicholas Muray, Christmas Cake and Cookies, (circa 1935), in Color Rush, Aperture 2013