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Archivi delle etichette: Olivo Barbieri

aver visto tutte le foto


Non posso certo dire di aver visto tutte le foto. Non dico i notturni più importanti o celebri nella storia della fotografia. Neanche tutte le fotografie pubblicate di Olivo Barbieri. Né, come almeno la mia golosità desidererebbe, tutti i provini di queste sue notti. Ignaro, casuale, e solo pieno di passioni verso questo o quello, verso un libro o una esposizione (fin troppo naturalmente prediligo foto cieche o fatte da ciechi), conosco con eccessiva evidenza l’angoscia della fuga di immagini. Già un solo film (anche il più brutto dei filmetti porno) è per me un abisso di immagini, un insieme che non posso fisicamente percepire nei suoi tratti -fotogrammi per quanto io sappia che esistono, a differenza che nel (detto) vivere dove solo ne avverto le miriadi di salti, i punti di frattura e di passaggio insieme.

Enrico Ghezzi, A fuoco la notte? in Olivo Barbieri, Illuminazioni artificiali, Federico Motta, Milano 1995

 

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©Olivo Barbieri, Milano, Italy, 1989

Comprendere un quadro


Chiunque avrà potuto osservare quanto sia diventato più facile comprendere un quadro – per non parlare di una scultura o persino di un’opera architettonica – in un’immagine fotografica piuttosto che dal vero. La tentazione di far ricadere tutta la colpa di questa decadenza della sensibilità artistica sui contemporanei è piuttosto ovvia. Basta constatare quanto sia cambiata la percezione delle grandi opere in concomitanza con l’elaborazione delle tecniche di riproduzione. È finito il tempo in cui venivano considerate creazioni individuali; sono diventate produzioni collettive, il cui impatto è tale che la loro assimilabilità si lega proprio alla condizione che se ne possano ridurre le dimensioni.

Walter Benjamin, Breve storia della fotografia, Bagno a Ripoli, Passigli 2014

 
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Olivo Barbieri, Capodimonte, 2007

Non avendo mai visto un’Italia così


Ricordo ancora con precisione le prime immagini di questo fotografo di cui ebbi piena consapevolezza. Una foto a colori mostrava una casa contadina italiana, grande e bella, di fronte alla quale stava un vecchio albero altrettanto bello. Quella che avrebbe potuto essere una tipica immagine da cartolina diventava un’indimenticabile, quanto estranea, immagine dell’Italia, poiché entrambi, albero e casa, sprofondavano nella neve. Un motivo del tutto italiano si era così spostato nella più bianca lontananza. E come se tutto ciò non fosse già abbastanza strano, segni di pneumatici a forma di spirale circondavano l’albero, componendo una ghiacciata decorazione. Non avendo mai visto un’Italia così, tranne forse in alcune sequenze, splendide e assurde, del film Amarcord di Fellini, in cui un pavone rendeva pittorescamente estraneo lo sfondo di una Rimini coperta di neve.

Jan Thorn-Prikker, Mondi artificiali, in Olivo Barbieri, Fotografie dal 1978, Edizioni delle Arti Grafiche Friulane, 1996

Senza titolo

 

 

 

 

 

 

 

©Tazio Secchiaroli

Certe malattie stagionali


Le mode sono come certe malattie stagionali: si diffondono in modo epidemico e non sempre sono a decorso benigno.
Nel campo della fotografia sicuri sintomi di contagio sono:

le piscine
(costituiscono un segno particolarmente funesto
se vengono inquadrati solo i particolari
o un nuotatore sotto il pelo dell’acqua)
i travestiti
le bambine in atmosfere sfocate
le camere da letto della Basilicata
o di Harlem
le donne incinte
le donne nude
le donne dipinte
il teatro
il teatro per le strade
gli obitori
le foto con i colori drogati

Franco Vaccari in Olivo Barbieri, catalogo della mostra, Rimini, Galleria dell’Immagine, 1983

Genericità


La città contemporanea è come l’aeroporto contemporaneo («tutti uguali») E’ possibile definire teoricamente questa convergenza? E in caso affermativo, a quale configurazione ultima tende? La convergenza è possibile solo a patto di spogliarsi dell’identità. Ciò viene di solito considerato come una perdita. Ma alla scala in cui si verifica, deve avere un significato. Quali sono gli svantaggi dell’identità e, inversamente, quali sono i vantaggi della neutralità? E se questa omogeneizzazione apparentemente accidentale (e di solito compianta) fosse un processo intenzionale, un movimento cosciente dalla differenza alla similitudine? E se fossimo di fronte a un movimento di liberazione planetario: «Abbasso il carattere!»? Che cosa rimane una volta deposta l’identità? la Genericità?

Rem Koolhaas, Junkspace, Macerata, Quodlibet 2006

 

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© Olivo Barbieri, Via Gaspare Tribraco, Modena, 1994

La gente va nei musei


La gente non afferra assolutamente quello che le viene detto, dice. Sono decenni che le guide dei musei dicono le stesse cose, tra le quali naturalmente moltissime sciocchezze, come dice il signor Reger, dice Irrsigler a me. Gli storici dell’arte non fanno altro che sommergere i visitatori con le loro chiacchiere, dice Irrsigler […] Se prestiamo ascolto alle guide, sentiamo esclusivamente le solite chiacchiere sull’arte che danno ai nervi, le chiacchiere insopportabili degli storici dell’arte, così dice Irrsigler perché Reger lo dice spesso. Tutti questi dipinti sono formidabili ma nessuno è perfetto. Così Irrsigler, basandosi su Reger. La gente, si sa, va nei musei unicamente perché le è stato detto che una persona di cultura deve visitare i musei, non per interesse, la gente non ha alcun interesse per l’arte, in ogni caso il novantanove per cento dell’umanità non ha per l’arte il benché minimo interesse…

Thomas Bernhard, Antichi Maestri, Milano, Adelphi 1992

Senza titolo

 

 

 

 

 

 

 

 

© Olivo Barbieri, Louvre, 2002

Mi ricordo.


Mi ricordo i primi < flipper > : per l’appunto, non avevano flipper.

George Perec in Mi ricordo, Bollati Boringhieri, Torino 1988

 

OLIVO-IPAD

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Olivo Barbieri | Serie Flippers Tav 49, 1977-78