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The Morning News intervista a Sanna Kannisto


Le fotografie di Sanna Kannisto propongono un “dietro le quinte” delle scienze naturali, immagini che rivelano come arte e scienza siano molto vicine nel modo di costruire, ordinare e definire la nostra immagine della natura.

Nicole Pasulka: Dove sono state scattate le fotografie?

Sanna Kannisto: Le immagini contenute nel libro Fieldwork sono state scattate negli anni 2000-2010. Sono state realizzate in Costa Rica, in Brasile, nella Guiana Francese in vari luoghi differenti.

NP: Ho letto che hai lavorato a stretto contatto con scienziati e ricercatori in America Latina, come hai interpretato la relazione tra arte e scienza?

SK: Mi piace pensare il mio ruolo come quello di una sorta di mediatore tra arte e scienza, disegnando parallelismi tra le due discipline ma lavorando molto liberamente.

NP: Che cosa può insegnare il metodo di ricerca scientifica a un artista, in modo particolare nello studiare un particolare oggetto o argomento? Che cosa ha insegnato a te?

SK: Leggere studi scientifici mi ha fornito importanti informazioni di base e alle volte anche idee. Li ho sempre usati come “bozze” di materiali per poi darne una personale interpretazione. Non è necessario per me comprendere integralmente la materia degli articoli scientifici, ma quel tanto che basta per realizzare il mio lavoro.

Per esempio ho imparato molte cose riguardanti l’alimentazione a base di nettare dei pipistrelli e questo mi ha aiutato praticamente a lavorare con loro. Ho anche imparato molto su piante e fiori che loro impollinano, così sono stata in grado di trovare quelle specie per realizzare il lavoro fotografico.

NP: C’è mai un modo in cui un artista è in grado di migliorare o accrescere gli studi scientifici?

SK: Come artista cerco di esplorare quello che è il mio ruolo, interpretando e producendo informazioni “visive” che metto poi a disposizione di tutti e allo stesso tempo cerco nel mio lavoro di avere un occhio critico, come quello del metodo scientifico. L’idea del mondo che la scienza ci fornisce necessita costanti aggiustamenti e correzioni. La fotografia e la scienza sono strettamente legate, perché c’è questa sorta di idea di oggettività o di apparente oggettività che accomuna le due pratiche. Tutti sappiamo che la fotografia è stata usata come una prova di evidenza scientifica fina dalle sue origini. Sia la verità della scienza che quella della fotografia sono spesso costruite per rispondere a esigenze istituzionali specifiche o, come nel caso del mio lavoro, funzionali alle mie necessità artistiche.

NP: L’arte o la fotografia possono dare una visione distorta o mediata della natura?

SK: La nostra visione della natura è sempre mediata dalla nostra cultura. Il nostro approccio con la natura avviene sempre attraverso differenti prospettive, teorie, modelli, metodi e concetti.

NP: A quale progetto stai lavorando ora?
SK: Ho iniziato un progetto nelle foreste del nord Europa e della Russia. Ho in mente di lavorare con lo stesso metodo seguito ai tropici. Che non significa che non tornerò più in quelle zone, ma al momento questo è quello che mi interessa fare.

Copyright The morning news, traduzione METRONOM

OPEN STUDIO


Inaugura sabato 18 febbraio 2012 alle 18.30 OPENSTUDIO, mostra collettiva che riunisce opere fotografiche di Giulia Azzalini, Alessio Iacovone, Tiziano Rossano Mainieri, Simone Morciano, Luca Nicolini e Valentina Sala Peup.

Per l’occasione, negli spazi di METRONOM, saranno esposte le opere di sei giovani fotografi selezionati da Walter Guadagnini e Marco Signorini. Un percorso che parte dall’Accademia di Brera e arriva all’Accademia di Bologna, per scoprire le spinte più fresche della fotografia contemporanea.

OPENSTUDIO propone un percorso composto da fotografie naturalistiche in bianco e nero, scatti fotografici realizzati all!interno di ambienti domestici e luoghi dove architettura e paesaggio si incontrano armoniosamente, passando per ritratti e sperimentazioni più audaci, caratterizzate dall’utilizzo di tecniche e codici differenti.

La mostra, realizzata con il Patrocinio del Comune di Modena, nasce con l’intento di proporre una lettura di possibili nuovi scenari per la giovane fotografia italiana e sarà visitabile fino al prossimo 31 marzo 2012.

Giulia Azzalini (Torino, 1988) presenta Light Boxes, un progetto che nasce da una suggestione letteraria e che fa riferimento al titolo del romanzo primo di Shane Jones. Per tre stagioni l’artista ha fotografato la luce nel tentativo di appropriarsi ogni giorno dell’essenza della vita, sperimentando sul proprio corpo come la luce, intesa come elemento essenziale della fotografia, possa creare delle vere e proprie trasfigurazioni.

Casting the spell è una serie costituita da undici elementi che Alessio Iacovone (Sulmona, 1988) ha realizzato utilizzando diverse modalità espressive: la fotografia si mescola al disegno e all’utilizzo di elementi materici ed evocativi come petali di fiori essiccati, ali di farfalla, ossi. Una riflessione che prende spunto da un trattato di alchimia di Paracelso e analizza un percorso di evoluzione spirituale che, attraverso la sofferenza e l’espiazione, arriva alla consapevolezza di sé e alla beatitudine o sublimazione della materia.

Tiziano Rossano Mainieri (Bologna, 1982) concentra il suo lavoro sulla fotografia paesaggistica. La serie Radici è una raccolta di gli scatti di un bianco e nero dove domina il tema della natura, la rappresentazione di un mondo che sta oltre la semplice percezione.

Le fotografie di Simone Morciano (Verona, 1983) fanno parte di un ampio progetto per il quale l’artista ha fotografato gli stessi luoghi in giorni, orari e condizioni metereologiche differenti. Fotografie che nascono come esercizi di osservazione e divengono veri e propri tentativi di riscoperta della realtà, una sorta di presa di coscienza del territorio circostante.

Luca Nicolini (Rovereto, 1985) presenta Ultimo Giorno di Luce, un soggetto che si basa sulla rielaborazione in chiave evocativa dei concetti di luce e di tempo, intesi come elementi propri dello specifico fotografico. La fotografia diviene un modo per tradurre il pensiero in immagini: le persone, riprese in maniera sfuggevole e indefinita, si dissolvono in un tentativo di riflessione sulla fugacità dell’esistenza.

Il progetto di Valentina Sala Peup (Monza, 1988) dal titolo Saudade nasce sottoforma di libro ed è composto fotografie accompagnate da due scritti tratti dal film “il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders. Il termine Saudade, in portoghese, fa riferimento ad un singolare stato emotivo che l’artista cerca di catturare nell’immagine fotografica.

Sede: METRONOM | viale G. Amendola, 142 Modena
tel/fax +39 059 344692 | info@metronom.it | www.metronom.it
Orari: da martedì a sabato 15.00 / 19.00 e su appuntamento