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Il modo di pensare all’arte


Forse dovremmo riconsiderare il modo di pensare all’arte, vedendola non solo come estensione di facoltà umane, ma anche come un prodotto dell’azione autonoma della tecnologia, oggi il Web, ieri la fotografia, così come aveva già intuito Franco Vaccari nel 1979 parlando di “inconscio tecnologico”. La rinuncia al controllo, l’accettazione della casualità, la debolezza del soggetto e la fine dello stile sono le caratteristiche di quello che Mario Costa chiama nel 1990 “sublime tecnologico”. Un sentimento non più connesso ai grandi spettacoli della natura (XVIII-XIX sec.) e neppure allo scenario metropolitano, dove la macchina rappresenta il nuovo “eccesso” con cui misurarsi (XIX-XX sec.).

Luca Panaro, Casualità e controllo, Milano, Postmedia, 2014

Senza titolo copia

 

 

 

 

 

 

©Ryan Trecartin, I-Be Area, 2007

Il più grande merito della fotografia


Il più grande merito della fotografia è anche la sua più grande debolezza: una frazione di secondo è sufficiente per fermare un’immagine. A me interessa l’intero flusso del tempo, il pensiero ed il processo che precede e segue quel momento. L’immagine è qualcosa che cresce dentro di me, parla con me, dorme con me, prima di prendere la sua forma concreta. Traccio percorsi, prendo appunti, dormo in auto, costruisco trappole e studio strategie per avvicinarmi a ciò che cerco. Sempre più spesso penso che il mio lavoro è molto simile a quello di un cacciatore. La fotografia insegna ad essere vigili e rimanere in attesa. Presuppone premeditazione, pazienza, velocità e determinazione.

Andrea Galvani in L. Panaro, Conversazioni sull’immagine, Danilo Montanari Editore, Ravenna 2013

 

PER-BLOG

 

 

 

 

 

 

 

Andrea Galvani © 2012, A few invisible sculptures #1
Courtesy of the artist and Meulensteen Gallery, New York