Pensando all’associazione di fotografia con sistemica non ho potuto fare a meno di visualizzare contesti circolari, di pensare a specchi che nascondono osservatori- terapeuti, insomma a consuetudini e metodi di cura e di ascolto che, sinceramente, mi han messo sulla difensiva.
Non credo e non ho mai creduto nell’”arte-terapia” così come nella “musico-terapia”, per quanto non si possano ovviamente nascondere le capacità e la forza anche terapeutica della creatività, senza bisogno di scomodare Jung o Eugenio Borgna.
E quindi che cosa mi si vuol dire, con seminario di fotografia sistemica, mi sono chiesta.
E allora ho girato la domanda ai partecipanti del seminario che si è svolto in METRONOM il mese scorso, una due giorni per fotografi professionisti e non, che ha raccolto commenti al limite dell’entusiasmo.
“E’ l’approccio “sistemico” al vedere e al rapportarsi con
una persona o con una situazione, che consente poi, una volta presa la
macchina fotografica, di fissare uno sguardo, un oggetto, un volume,
dentro un rettangolo limitato, che è la foto. Perché il succo è tutto
qui: riuscire ad essere presenti a quello che accade. La tecnica
fotografica in senso stretto quindi, arriva dopo e in un certo senso
ostacola più che aiutare.” Raffaele
“Sperimentare e confrontare nuovi punti di vista, capire come vedere lo scatto e
soprattutto sentirlo. Ecco. Forse ci sono riuscito. Spenderei due
parole anche per il docente. Piero ha la grande capacità di usare il
punto di vista di un appassionato. Trasuda il piacere di fermare
l’istante come pochi sanno fare. E lo sa trasmettere.” Angelo
“Il respiro è un momento intenso dove ritrovi l’equilibrio interno, ma
soprattutto riesci a mettere a proprio agio chi ti sta di fronte
guardandolo dal respiro e non dal giudizio.
Per concludere ho capito che la fotografia è vita, è armonia di
insiemi che la rendono viva.” Massimo
E quindi mi sono rasserenata. Ho capito che i veterani di Palo Alto e i vicini dell’ISCRA possono stare tranquilli, e che in METRONOM non si esercita nessun training al counseling relazionale, ma che si sperimenta, si condivide e soprattutto ci si confronta con se stessi e con gli altri, perché la fotografia, prima ancora che una tecnica, è un modo per comunicare.